venerdì

SCUSA, MA TU SEI UNO IUTUBER? (seconda parte scritta dopo di prima)




Gentile incauto/re,

prima notte nella casa nuova, giusto? e poi dritti a Tyrannosauria per macinare la propria celebrità.

Eremitaggio e mondanità per un Autore.

Notizia: Spispmisk della Galleria OSMOSI ha definito la mia scrittura "sciatta" e questo mi ha riempito di una gioia pura e scintillante che sgorgava come da un rubinetto rotto! (notare il punto esclamativo)
Un altro editor si lamentava di non so quale monoblocco in un mio scritto, pre-poneva cambiamenti che ho mercanteggiato e strappato le mie condizioni.

Questo è il margine di manovra della felicità, piccoli movimenti curvilinei come le traiettorie di un parcheggio assistito.



QUESTA E' LA LETTERATURA CHE STO CERCANDO, ma a qualcuno non interessa: lui vuole una scrittura descrittiva e capibile, ricca di sovrastrutture e pre-sentazioni di Xsonaggi subito all'inizio di un racconto e questo è palloso, inoltre è tassativo: si scrive in 3°persona singolare, narratore esterno onniscente, tempo passato. ma io non sto cercando questa letteratura e per me è un'AGONIA scriverla così. 
Io amo scrivere in 2°persona plurale, narratore incosciente, tempo futuro. c'è spazio per il mio libro in questi termini?


Ora bevo birra sul balcone, sono in mutande e scrivo. Che voglia mimare un certo Buk?



Autore si sentiva umile, prostrato, ma la lattina tintinnò sui suoi incisivi con un suono molle e cavernoso; subito dopo l'effervescenza birrosa inondò il suo palato. Sudava e, nonostante la quiete apparente -solo un motore fuori giri vibrava nella calura- provava una sorta di tensione. Alla sua immediata sinistra il sole disegnava losanghe abbacinanti sul pavimento di piastrelle di arenaria chiara, anche la ringhiera, azzurra e adatta ad una residenza estiva, riluceva del medesimo calor bianco. Egli si risciacquò la bocca con un altro sorso di birra: quante ne avrebbe stappate prima della fine del suo romanzo? Era una domanda alla quale non sapeva rispondere. Prese in mano il nuovo libro di A. Baricco "Mr Gwyn", lo sfogliò rapidamente e lo spostamento d'aria provocato dalle pagine, gli procurò un certo ristoro. Lo soppesò in mano: era leggero, il font era enorme, e il prezzo? Non poteva sostenerlo. Pensò che il bastardo aveva avuto una buona idea -i ritratti scritti di persone- ma, e questo non poteva proprio tollerarlo, da ogni riga trasudava la consapevolezza, la boria che scorreva come una scritta sul tabellone luminoso del dirigibile della Good Year; che recitava incessante: IO SONO ALESSANDRO BARICCO, BECCATEVI IL MIO NUOVO LIBRO.



Ma ora sono dolcemente rassegnato: presto i ricordi dell'Autore finiranno, ora come ora, infatti, non è più possibile produrne di nuovi, e così finirà anche il suo proposito di letteratura, e potrò dare il prolungato addio che merita e relegarla, insieme già alla poesia - la prima a soccombere -, il disegno e la pittura. e dedicarmi esclusivamente al balletto e al teatro.



Un mio amico vuole scrivere un romanzo ambientato sulla Luna ma non lo vuole scrivere di notte nè soffrire per farlo, io gli ho chiesto se voleva scrivere anche i miei racconti così da emanciparmi, ma lui dice che prima deve finire il praticantato da un commercialista.

cordiale,

Agente +, Dinosauria dieci minuti dopo di prima

SCUSA, MA TU SEI UNO IUTUBER? (tra dieci minuti da prima di ora ci sarà il seguito in un nuovo travolgente post di un blog)

Notte senza pressione a Dinosauria.  Esci con Autore e con Moscio per vedere la nuova mostra pre-attuale che promette di essere l'evento-cardine del minuto.


 Struzzi, polli.  La nuova arte.  polli sfibrati.  Bevi il tuo cocktail.


 C'è un caldo insostenibile, vuoi sapere che ore sono, sudi come un porco.


 Una foto di un panzone emozionato che nuota ti fa ridere per tre secondi, ma sei nervoso perchè hai visto una gran figa che è la cantante dei The Simmetrics e andava verso il cesso.


Un pannello con i modi di dire. Non li leggi, vai al cesso anche tu.


 Eccola, Divina, marcia, inarrivabile.


Le parli di arte giapponese. Non ti guarda.



 Arte giapponese. 


Le parli di fumetto talmente raffinato da farti rivalutare i sistemi totalitaristi-integralisti. 
Niente.


 Alla fine pensi a un'altra perchè ti sei rotto i coglioni. Ribecchi Autore, Moscio e... 
CONTINUA SULLA PRE - SSIMA PUNTATA>!


lunedì

FUMETTO PRE - ODIERNO: "L'UNTORE"


Questo è un fumetto e tu lo leggerai, non devi sapere altro. Scorri con il tuo scroll digitale per seguire il flusso della storia breve appena oltre questo punto.   


Agente +, subito dopo l'altro post

L'EROE DEL SOTTOSUOLO




- Che pezzo hai fatto a Stegosauria Alpina?
- Uno piccolo, c'erano solo un paio di pezzi di legno di iperpalme.
- Ti ci sei messo davanti e hai mosso il pennello.
- Era tutto sfocato dietro i miei occhiali da sole, non ho capito bene se era notte e se ero io a muovermi o il resto del pianeta.
- E se ti avessero messo su una pedana semovente ed era il pannello ad essere mosso meccanicamente innanzi a tu?
- Non credo che ci sarebbe stata alcuna differenza.
- Ti ricordi di una sera di 4 anni o secoli fa, che in un ristorante mi dicevi che eri un pittore finito?
- Sì, confermo quelle parole.
- E quando, sempre in quel ristorante, c'erano lische di pesce, unte, tu con disprezzo hai detto: "Mangiàtele!". 
- Confermo anche questo, senza alcun dubbio.
- Subito dopo eri in un locale, ubriaco come un cece e sbattevi un palloncino contro della gente, hai realizzato che vivevi la serata due volte meno uno. Ti ricordi?

Agente + e Autore, 12:34 a Dinosauria Est

ESTATE A LIDOSAURIA MARITTIMA: I RICORDI DELL'AGENTE +

ORE 12:51, DINOSAURIA
Noi del Pre – Odierno pre - sentiamo un frammento di un flusso di coscienza che il nostro Agente + aveva inciso su un nastro di lattice attraverso il suo fonovisore portatile. È tipo una roba che risale alla sua giovinezza quando lavorava agli stab. Balneari sul Piccolo Oceano. Non si conosce il periodo esatto ma è di sicuro Ante – Attuale.

Sveglia alle sette del mattino e la sbronza di ieri che ritorna prepotente. Vinodka come se non ci fosse uno ieri. Mi butto addosso una maglietta dei Simmetrix, costume, ciabatte. Salto sul Velotorino e freddo-freddo-freddo.



Arrivo in venti minuti, saluto il Tiranno Rex e accendo la macchina del Escaffè, pulisco i tavolini del bar, la passerella. Sbadiglio tre volte, infilo il Talkefono in tasca. Prendo due bottiglie d’acqua ghiacciata, la lista dei prenotati e degli abbonamenti, e me le porto in spiaggia. L’umidità mi taglia a fette. Apro il container facendo dileguare una nube di mosche –preludio di morte-, poi inizio ad aprire gli ombrelloni e a portare i lettini col carrellino, riesco a caricarne otto alla volta senza ribaltarmi. Sono in modalità automatica: uno sguardo alla lista e uno al mare. C’è la secca. I gabbiani stridono planando e cagano chiazze verdi, maleodoranti. Il cielo si accende di luce come un’esplosione insostenibile.



Mi tolgo la maglietta. Il Talkefono trilla e i bastardi in vacanza iniziano a arrivare. Buongiorno, buongiorno anche a lei. Li maledico mentalmente, il filtro osmotico degli occhiali da sole mi protegge. Il Tiranno Rex gracchia nella radiolina: due ombrelloni, quattro lettini per Jeff Koons, vista mare. Eseguo, immaginando di posare il tipo capitalista al centro del Piccolo Oceano. Arriva anche quello del 43, Spismisk, un ex-astrattista rancoroso, tabagista e ridivorziato. Mi offre una psigaretta. Fumo all’ombra, dopo bevo acqua fredda. Piazzo le famigliole con bambini piccoli alle file periferiche, i loro pargoli giocano con la sabbia e prima di sera, avranno scavato decine di buche grandi come fosse comuni. 



Ombrelloni 2 e 3 a posto, andate pure. Ecco il 23: Madre acida con figlia diciottenne figa e scazzata. Lei si chiama Slaudia. È bionda, glitterata, ascolta musica in cuffie e scrive messaggi con un dispositivo Ai-Fonico viola. Le sorrido mentre scarico altri due lettini  nell’ombrellone a fianco. Nessun risultato. Bevo acqua ormai calda. Il ritmo degli arrivi aumenta: carico, scarico, sgommo con il carrellino. Il sole incendia l’aria, rabbioso e implacabile come una pagina scritta da Cèline. Mi fermo un attimo sotto il mio ombrellone che è distaccato dagli altri, bevo acqua bollente. Guardo un po’ di tipe passare sul bagnasciuga, le solite turiste da Dinosauria Ovest. Immagino di eiaculare sulle loro tette, sui loro culi e 



sabato

FABRI E AUTORE, IN FISSA DURA PER DELLE GANZE QUALUNQUE, PERDONO DI VISTA L'OBIETTIVO PRE - ODIERNO

Una giovenica pomeriggio gonfia di umidità. 
Fabri passa a prenderti con il tandem a energia elastica, durante il tragitto parla di una Velomobile GT che ha visto in giro. 
—Bianca, doppia vela rinforzata. E un alettone della madonna.
Andate a palla e sue parole scivolano nel flusso d’aria, goccioline d’acqua ti bagnano le ciglia. Sbatti le palpebre, perdi alcuni battiti nelle curve e, dopo qualche millisecolo siete al Centro Commerciabile del Borgo Sauro (Dinosauria Ovest)



Fumate una psigaretta nascosti dietro le siepi, poi entrate. Le doppie porte sibilano, odore di pizza, caffè, corpi umani: almeno fa caldo. Arrivate nel settore videogiochi. Televisori e giocostation allineati in una lunga fila in alto sugli scaffali, cavi, una decina di ragazzi aggrappati ai joystick. Giocano con furia intensa e silenziosa, occhi lucidi di lampi. Fabri si lancia su un controller libero. Lo scopo del gioco è scatenare la Rivoluzione Pre - Odierna. Lo guardi sprecare colpi mitragliando quadri surrealisti astratti dipinti alla cazzo di cane e ti sorprendi a urlare:
—Dai, mira a quei manichini colorati, diomadonna!
—Ma che minchia dici? Sono i miei alleati, il plotone metafisico di De Chirico!
        —No! Sono le truppe di quel porco di Marc Kostabi!
        —Hai ragione! Beccatevi questo!



Fabri, dita frenetiche sui tasti, fa piazza pulita di quei bastardi. Intanto, tu osservi le persone che vi scorrono intorno: successioni di facce indistinte. Tra la gente sbrigativa e scazzata, noti due tipe della vostra scuola, forse della 3°Z. Carine, belle tette. Quella mora ti fa il dito e l'altra mima un vaffanculo con le labbra. Passano oltre deridendovi.



Ti volti verso Fabri che ha smesso di giocare, si gratta una guancia e il suo joystick oscilla a penzoloni.
—Ma le hai viste?— gli chiedi. 
—Sì, cazzo! Seguiamole, quelle ce la danno di sicuro.

Sullo schermo sopra di voi, il videogioco informa che la missione Pre - O è fallita, e lampeggia la scritta:


















ore 12:34 dal P - O

ALL'ESTIMENTO: AGENTE + FA LA GAVETTA ALLA GALLERIA OSMOSI


Vado a prendere un pacchetto di nicotina dal vecchio del bazar ambulante. Scelgo il solito pacchetto da trenta che baratto con un disegno Pre - Odierno e rientro alla Galleria Osmosi.
L’ingresso terziario è incorniciato da due iperpalme enormi e rassicuranti, che introducono a un enorme cubo di cartone a porte scorrevoli. Oltre quelle, l’aria incondizionata mi aggredisce come una frustata melliflua. Lo sbalzo di temperatura mi circonda di aria densa, una vampata di gelo che mi appiccica la maglia con il logo dei Simmetrix alla pelle. Vado verso l’ombra dell’enorme cupola di vetro e paglia grigia, come una capanna fuori di testa, e mi lascio cadere su un divano di cemento. 












Ho ancora un’minutora prima che inizi l’allestimento delle opere ipnoriche e irotiche di Martin Spismisk, e voglio rilassarmi il più possibile. Do brevi boccate alla sigaretta, ma perlopiù la lascio bruciare a vuoto tra le dita. Il fumo sale faticosamente spezzandosi in volute grigie. 
Dalla mia posizione vedo benissimo il palazzo in cui non abito, che svetta come una prua angolosa e aggressiva, tratteggiata dai monobalconi. Prima di adesso, qualche Writer senza scrupoli, ha fatto un murales delicato quanto un pestaggio con guanti di seta, che mi riempie di kuore di.
La sigaretta è quasi finita, come la mia pausa. Spengo il mozzicone, mi scrollo un po’ di cenere dai pantaloni e salgo fino al semisterrato.



Anche se sono in perfetto orario Slaudia, la maître della Galleria Osmosi - Sezione B, mi dice di sbrigarmi. Indossa pantaloni neri attillati, una camicetta nera con le spalline gonfie di nero e un colletto nero strettissimo, una spilletta nera con un fiore laccato nero. Stringe tra le mani nervose una cartelletta di plastica nera e lucida e fogli di carta copiativa nera con appuntati le dimensioni delle opere e lunghe addizioni senza senso che incide sui fogli con le unghie smaltate di nero. Porta come al solito sandali neri con il tacco altissimo e un po’ volgare. Il suo viso è scopabile, truccato con gusto, ma questo non fa che risaltare i suoi occhi neri-nero. Stringe le labbra dipinte di rossetto nero in un eterno disappunto. Vorrei afferrarla per le spalle e scuoterla urlando: «Slaudia, svegliati! Qui non siamo al MoMA di New York! Siamo alla Galleria Osmosi a Dinosauria Est!»

Invece Slaudia, con la sua voce bassa e convincente, mi dice di iniziare dalle micro-opere del periodo Misconsciuto del Maestro. Non sorride e questo è un buon segno, perché quando lo fa è solo per appioppare cazziatoni o esigere impegno e ante-attualità extra.
Allestisco in fretta, con gesti misurati e precisi come quelli di un rituale. Slaudia ispeziona il risultato con sguardi lenti, passeggiando per la Galleria B. Mi fa sudare un mucchio per spostare due installazioni della madonna, in modo da creare “un angolo un po’ più carino”












A mezzoggi e venti i primi visitatori inauguriamo la mostra: “Mai una gioia” Martin Spismisk - Galleria Osmosi, Sezione B. Anziani signori e vegliarde si trascinano ansimanti all’assalto del rinfresco. Poi arrivano gruppi formati da quattro o cinquemila adulti circondati da mandrie di bambini, e lasciano scie di luridume che dopo dovrò pulire. 
Dopo un quarzo d’ora arrivano gli adolescenti, teenager annoiati e insofferenti: i ragazzi somigliano tutti a Morlon Brondo. Le ragazze hanno i capelli strani, indossano Y-Shirt, shorts trasparenti e occhiali da soja. Si aggrappano ai flute colmi di vinodka del buffet iniziano a tracannare.
Una bionda minorenne si avvicina. La immagino sul bordo di una piscina satura di cloro mentre i riflessi mobili dell’acqua le sfiorano il viso, illuminandola dal basso. 













La tipa mi chiede con una voce melodiosa e un po’ fatale:
-Questa è Arte?
Io annuisco, guardandola avidamente. 

Agente + ore 17:07



UN RACCONTO DI AMORE

Un Punk marcio duro ama una Principessa erede al trono.
Il Punk si intrufola quasi ogni sera nel Palazzo Reale e suona serenate elettriche, sfasciando chitarre sotto il balcone di lei. 
Al culmine dell’esaltazione amorosa, e al limite del coma etilico, scrive frasi d’amore posizionando lattine di birra e bottiglie vuote sul pavimento del cortile del Palazzo, guadagnandosi gli sguardi sognanti della Principessa.
Tutto sembra andare alla grande per la giovane coppia ma il Re, assai stufo del pretendente molesto, ordina alle Guardie di catturare il Punk innamorato e, senza perdere tempo, lo fa  impiccare nella piazza più grande della città. Nell’immaginario popolare, mentre i corvi banchettano con il cadavere del ribelle borchiato, quel Punk diviene il simbolo dell’amore impossibile e disperato. Orde di teenager con scompensi ormonali venerano la sua tragica memoria comprando maglie e spillette che ritraggono la sua faccia pallida e malaticcia. Questi giovani, queste migliaia di adolescenti visionari, una volta consci della propria forza e del proprio numero, assaltano la dimora reale con una scarica incontrollabile di violenza romantica.
Il Re e la Regina vengono brutalmente uccisi dalla folla inferocita e appesi per i piedi alle mura del Palazzo Reale. La Principessa si rifugia in una vicina nazione Repubblicana, reinventandosi come ospite fissa e opinionista in un talk-show televisivo. ​Ogni domenica pomeriggio sul canale TV nazionale, la Principessa frigna, sbraita, insulta gli ospiti e litiga con il pubblico.Il regista dello show vede in lei una futura conduttrice e, mentre se la scopa nei camerini, le consiglia di sforzarsi di piangere di più quando passano in sovrimpressione le foto del Punk, perché gli ascolti si alzano di brutto. Tony Inaudito PRE - O 18:08


AUTORE E AGENTE +, UN INCONTRO PRE - VENTIVO QUANDO AVEVANO TIPO 15 - 20 ANNI

DINOSAURIA, ORA DI CENA



A causa del caldo si cena in giardino, sul tavolo sospeso e apparecchiato alla buona. 
Mangio in modo veloce e meccanico, seduto sul bordo della sedia allungabile e annuncio ai miei che sarei uscito a fare una passeggiata. Mio padre, annuendo, si concede un altro piatto di insalata Ics. Mia madre, un po' scazzata, dice:
«Mangia almeno una bananagana» e mi guarda acida. 
Saluto i miei e mi incammino senza meta oltre il campo sportivo su rotaie, passo tra due superpalme infilandomi nel vecchio stradone che costeggia il lato est della Zona 34. 

La distesa di asfalto, che termina brutalmente prima del Distretto Idrico, è usata anche come area di manovra per gli Indirigibili. 
Qui c'è pace, silenzio.
Il catrame rilascia il calore della giornata in ondate dall’odore denso, che respiro a brevi boccate. Guardo in giro inquieto e i miei occhi vagano tra i crateri della strada, cercando un diversivo tra grumi di catrame, strisce di giornali ingialliti, bottiglie, pezzi plastica fossili e deformi. 



Improvvisamente, da lontano giunge un rumore strano. Mi alzo in piedi e vedo la sagoma di qualcuno tremolare distorta dall'asfalto bollente. Cammina senza fretta verso di me.

Quando è a una certa distanza, tipo un miliardo di microkilometri si ferma in silenzio. Non riesco proprio a capire chi può essere, mentre lo vedo chinarsi e raccogliere qualcosa da terra. Poi lancia quell'oggetto verso di me, mancandomi clamorosamente e scappa via prima che riesca ad inseguirlo.



 Mi ha tirato un pezzo di vetro con i bordi spessi. E' verde e pesante, di forma triangolare  e pieno di crepe. Lo maneggio con cautela, tenendolo tra due dita. Le sfaccettature del vetro rimandano riflessi sottomarini e mobili, come un’immersione in miniatura. Al suo interno è incastonato un residuo di rete metallica, che risalta incredibilmente definita e geometrica come un insetto intrappolato nell’ambra. Tornato a casa, esamino ancora il pezzo di vetro. Lo rigiro tra le mani finché l'intreccio della rete sembra acquistare un senso. Le lettere sono mimetizzate tra le intersezioni dei fili metallici, ma se stringo gli occhi lo vedo chiaramente. C'è scritto:

A G E 
NT E
 +


Autore, ore 22:34