Fabri e suo padre mi passano a prendere con la Velomobile famigliare. Arrivano in ritardo. Durante tutto il tragitto nessuno dice una parola, si sentono solo gli scricchiolii del fasciame. Arriviamo a Skuola. In classe vedo tutti un po’ esaltati e non capisco perché. La mia compagna di banco, Mariqa, mi dice: “Oggi andiamo al Teatro 222 a vedere le prove del Rigoletto! Non te lo ricordavi? Ci hanno fatto tatuare l’avviso lunedì scorso”.
Dico: “Ma checazzo! Non ci faranno mica saltare Antologia AntiAttuale?”. Fabri annuisce mangiandosi le unghie. Dopo, la Prof ci accompagna fuori e camminiamo per diecimila megamillimetri fino al Teatro 222.
Entriamo.
Dentro c’è roba antica tipo milleottocento: colonne, lampadari, tappeti, poltrone, balconi. E poi davanti al palco c’è una specie di cratere in cui stanno i musicisti con i loro cazzo di strumenti. La sala è piena di gente della nostra Skuola, delle guardia-teatro con la faccia seria, altri tizi con la cravatta. Mentre la Prof ci sta facendo sedere, ci piazziamo il più lontano possibile.
Fabri si toglie il giubbotto e lo butta sulla poltrona di fianco per occuparla. “Così quei deficienti della 3°Y non mi stanno appiccicati”, dice. Dalla mia parte invece, si siede una nostra compagna, Elixabetta Bollani, che mi guarda disgustata. Sposto il gomito dal bracciolo per non toccarla neanche per sbaglio e in quel momento le luci si spengono del tutto. Si sente bisbigliare e ridacchiare poi entra il direttore dei musicisti e tutti applaudono, lui saluta e inizia a gesticolare con la bacchetta. Parte la musica sinfonica con violini a palla e si apre il sipario su una mega casa nera: sul tetto ci sono ballerine abb. fighe, giocolieri e acrobati. Giù ci sono un nobile grasso e la sua corte, il Rigoletto, sua figlia, un pirata e tutti cantano. Uno scaglia una maledizione, ma non so perché.
Dopo un bel po’ la tenda del sipario si chiude e tornano le luci.
“Non si capiscono le parole!”, sbotta Fabri.
Elixabetta Bollani ci sibila con disprezzo: “Non avete portato gli appunti che ci ha serigrafato la professoressa? Le ho distribuite ieri!"
Fabri le risponde: “Stai zitta, spiona!”, poi parla in tono cospiratorio e indica il pavimento: “Guarda qua cos’ho scoperto…”. Sotto i suoi piedi c’è uno stemma, sarà grande come un pizza, incorniciato da un anello di metallo dorato, e quando lui ci infila le dita sotto, si solleva leggermente. “Questo Cerchio mi sa che me lo porto a casa. Quando ti faccio il segnale, tossisci, così copri il rumore”.
Le luci si spengono di nuovo. Fabri mi tira delle gran gomitate e io scatarro per mascherare il rumore che fa per scardinare l’anello dal pavimento, ma gli dico a bassa voce: “Basta! Mi stai spaccando le costole!”.
Del secondo atto non capisco quasi niente: la figlia del Rigoletto viene rapita, e lui viene sfottuto senza pietà dai nobili.
Le luci si riaccendono per l’intervallo. Fabri mi sussurra: “Ci sono quasi!”.
Ecco il terzo tempo. All’improvviso, da dove sta seduto Fabri, sento un rumore raschiante e poi qualcosa tipo una pentola che sbatte. Lui si immobilizza facendo finto di niente, mentre una spilungona bionda che fa la guardia-teatro si avvicina per ringhiarci nel buio: “Silenzio!”
Appena se ne va, Fabri infila l’anello nello zaino sogghignando: “Missione compiuta. Ho il Cerchio”. Ci rilassiamo infossandoci nelle poltroncine.
Sul palco uno canta un pezzo famosissimo, La donna è immobile, mi sembra.
Fabri si domanda: “E’ Pre - Odierno?”. Qualcuno da dietro fa SHHHHH, poi la musica si fa forte e tragica, scoppia un temporale con dei flash di luci, la figlia del Rigoletto viene accoltellata, lui lo scopre e urla: La maledizio-neee!
Sipario, fine.
Il rumore degli applausi sembra pioggia che cade. Quando le luci si accendono definitivamente, vedo un paio di Prof che ci fissano con un’aria parecchio incazzata e infatti, tornati a Skuola, ci becchiamo una nota sul diario: Nonostante i ripetuti richiami, Fabri Fibra e Agente + disturbano il teatro lirico con la loro maleducazione.
Quel pomeriggio cammino fino a casa di Fabri. Ha il Cerchio stretto in mano e dice: “Andiamo nell’unigiardino a provare questo coso”.
Fuori l’aria è immobile, umida, il sole basso e opaco sopra l'unigiardino che è un rettangolo di erba morente con due palme alte un migliaio di metri. Ci sono file di fiori marci, cerco di evitarli ma Fabri dice: “Pestali pure. Sono di mia mamma”, poi mi chiede: “Chi era il nemico di quel Rigoletto?”.
Gli rispondo: “Il Duca di Dinosauria, credo”. Lui mi guarda dubbioso: “Non era il pirata?”.
“Boh. Non mi ricordo”, dico restando sul vago.
“Il Duca va bene. Eliminiamolo”. Si mette di fronte alle palme, allarga le gambe, si torce come per lanciare un frisbee ma rimane immobile. Dopo un po’ gli faccio: “E allora?”.
“Aspetta! Lo sto visualizzando…”, risponde lui, poi scaglia il Cerchio con una potenza inaudita, urlando: “MUORI LURIDO DUCA!”.
L’anello vola dritto, colpisce con il rumore di una scampanata e rimbalza a terra. Insieme esclamiamo: “Porca gioia!”.
Ci avviciniamo alla palma per vedere i danni. Il tronco è scheggiato e inciso profondamente, tipo coltellata, e si vede la polpa verde che sbroda resina a manetta. Raccolgo il Cerchio, e lo stringo tra le mani. Guardo Fabri e dico con una certa solennità: “Finalmente il Rigoletto è stato vendicato”.
Agente +, 13:56